PROLOGO: Villaggio di
Narrada, Regione di Mahn, Terra Selvaggia, Antartide
Figli della natura e dell’atomo.
Civiltà pacifica.
Sterminati dai Wraith.
Esuli.
E ora, legittimi abitanti di questo strano mondo segreto
nascosto dagli eterni ghiacci del polo sud.
Nel loro peregrinare, i Sauridi
si erano supportati a vicenda, senza esitazioni, senza conflitti interni,
consci che un singolo strappo nel tessuto sociale avrebbe trasformato il loro
peregrinare nell’ultima tappa del loro sterminio. Temevano i sinistri alieni,
gli Spettri Neri, che avevano invaso
il loro Nido, ma ancor più temevano gli esseri umani da cui si erano sempre
nascosti.
Per sopravvivere, erano stati costretti a scelte terribili.
Non potevano lasciarsi dietro alcuna traccia del loro passaggio, così
uccidevano i malati che non potevano più camminare insieme a loro, mangiavano i
propri morti, riutilizzavano le loro scaglie e le loro ossa. Nessun testimone,
per quanto casuale o innocente, poteva sopravvivere dopo averli anche solo
notati.
Avevano camminato attraverso l’inferno ed ora potevano
ricostruire la pace. C’era tanto che avrebbero pagato di fronte agli spiriti,
ma ora contava lavorare per la nuova generazione, rappresentata dai due piccoli
nati nei giorni scorsi[i].
Ora potevano tornare a vivere liberi da quelle sinistre
costumanze.
Ma ad una non avrebbero rinunciato: il rito di iniziazione.
Era passato tempo dall’ultima volta che un giovane era stato
messo alla prova per entrare nei branchi dei guerrieri. Ci sarebbe voluto tempo
perché i nuovi nati raggiungessero l’età per quel rito di passaggio.
Un buon surrogato andava benissimo, soprattutto se questi si
offriva volontariamente.
Anche se era un umano.
MARVELIT presenta
JUNGLE SAVAGE
Episodio 6 – Genhunters
Più che una lotta, sembrava un
suicidio, ma la genitrice del ragazzo e la guida di quella tribù del Popolo della Cascata davano il loro
assenso. Il pellemorbida di nome Peter,
figlio dell’ambasciatrice Nereel, si
era comportato con un’irritante spocchia durante la visita diplomatica degli
umani. Guardava ogni Sauride come fosse stato una semplice bestia nativa.
Sicuramente pensava a loro come agli altri nativi più primitivi.
Ma quando Khadar, consorte della regnante C’rel,
aveva casualmente parlato del rito, gli occhi del ragazzo si erano come
illuminati. Chiaramente la madre cercava di allevarlo nella bambagia. E a quel
punto era iniziato un duello fatto di punzecchiature verbali fra i due maschi.
Entrambi, per una buona mezz’ora, avevano fatto sfoggio della fine arte di
insultarsi mortalmente con i toni più casuali ed educati. Ad un certo punto,
Nereel si era fatta rossa come un peperone.
Se gli sguardi avessero potuto
uccidere, C’rel si sarebbe ritrovata vedova in un batter d’occhio. Ma era anche
vero che lei stessa rispettava rigorosamente le tradizioni: se era un duello
che il giovane pazzo voleva, a costo di farsi linciare dall’intero villaggio,
lo avrebbe avuto!
Certo, era davvero poco
onorevole che il primo guerriero in persona si battesse
con un simile mucchietto d’ossa, ma se sua madre non aveva nulla in
contrario…
Ed ora eccoli lì: un ragazzino
di tredici anni dal fisico robusto e un pronunciato taglio alla moicana, armato
di una semplice lancia, a fronteggiare in un’arena un mostro rettiliano di 250
kili di muscoli e pelle smeraldina corazzata.
Intorno a loro, l’intero villaggio
di Narrada era radunato sugli spalti, con C’rel in piedi sul palco d’onore
insieme alla delegazione umana. C’era un silenzio carico di tensione: questa
lotta serviva solo a dare una lezione ad un cucciolo presuntuoso. La sua morte
avrebbe causato non pochi problemi, invece…
C’rel annuì al suo marito e
campione.
Khadar sogghignò. “Primo
attacco, cucciolo.”
“Non chiamarmi a quel modo,
animale. E cosa vuoi dire?”
“Ti chiamerò guerriero quando
lo avrai meritato, pellemorbida. E vuol dire che hai diritto ad attaccare per
primo. O è troppo facile. Mostra un po’ di onore davanti alla tua gente,
almeno.”
Peter serrò la stretta sulla
sua lancia…e con un movimento velocissimo la scagliò contro Khadar!
La punta di ferro raggiunse
con precisione il torace del guerriero. Un altro abitante della Terra Selvaggia
sarebbe morto all’istante, trapassato con facilità. Nel caso di Khadar, la
punta metallica andò in frantumi, seguita subito dopo dal legno.
Ma Peter non aveva aspettato.
Ancor prima che la sua arma completasse la sua traiettoria, si era gettato
urlando addosso al suo nemico. Nelle sue intenzioni, la lancia avrebbe dovuto
funzionare da distrazione, non aspettandosi di riuscire a ferirlo seriamente.
Non aveva capito che Khadar
era stato forgiato da situazioni estreme, per lui quella mossa era semplicemente infantile! Afferrò il ragazzo
per una spalla cingendola con una mano sola, lo sollevò e lo gettò a terra in
una nuvola di sabbia! “Se è il tuo meglio, dovrai—“
Velocemente come era caduto,
Peter fece saettare una gamba contro la caviglia rettiliana. Un colpo di forza
insospettata, che sbilanciò Khadar in avanti.
Poi Peter colpì il Sauride
direttamente alla bocca dello stomaco! Normalmente ci sarebbe voluto un obice
per fare sì che il primo guerriero rimanesse senza fiato, con un’espressione
anche buffa sul momento… Per poi cadere in ginocchio con un grugnito.
Gli spettatori, che fino a
quel momento avevano lanciato ruggiti di approvazione, rimasero ammutoliti.
C’rel fissò con curiosità Nereel, che si limitò a rispondere con un sorriso
compiaciuto.
Peter sollevò il pugno per
infliggere il colpo di grazia al presuntuoso ‘primo guerriero’. Calò il pugno…e
contemporaneamente la potente coda di Khadar lo colpì al torace. Peter poteva
essere forte, ma non era pesante abbastanza per non essere sbalzato via come
una bambola!
Khadar si rialzò. “Divertente.
Ma per essere un guerriero degno, non basta un colpo messo a segno.” Si scagliò
in avanti a testa bassa, i suoi passi come tuoni. “Devi vincere!” e così dicendo, investì Peter travolgendolo con la
spalla. L’impatto sollevò una nuvola nel mezzo dell’arena.
Quando la polvere si diradò,
Khadar teneva in alto il corpo esanime con una mano. Normalmente, avrebbe
lanciato un ruggito di trionfo, ma non valeva per una simile ‘preda’. Anche il
pubblico cadde in un indifferente silenzio.
Il
primo guerriero si avvicinò agli spalti, e lanciò Peter come un giocattolo
rotto verso le guardie umane, che ebbero appena il tempo di prenderlo, quasi
cadendo a terra. “Che si ripresenti quando sarà un adulto,” disse Khadar per
poi dirigersi verso gli spalti.
Quando riaprì gli occhi, si
sentiva come se ogni singolo osso volesse staccarsi dallo scheletro. Ogni
respiro era un atto di dolore. Aveva la nausea.
Quindi voleva dire che era
vivo, purtroppo. Vivo ed umiliato da…quel…
“Ben svegliato,” disse una
creatura rettiliana di fronte a lui. Una femmina dalle scaglie marroni come la
terra e con indosso un’aderente tuta rossa. Una criniera bianca decorava il
collo e parte del cranio. A differenza degli altri Sauridi, lei aveva un seno
molto femminile… “Cerca di non muoverti. Te la sei vista brutta.”
“Dove...?” fece Peter,
riuscendo con fatica a mettersi seduto. Se era ancora in quel villaggio di
bruti, almeno era in una stanza dove non regnava quella loro puzza… “Tu…”
“Io mi chiamo M’rynda. E sono stata io ad avere curato
le tue ferite. Hai dormito per circa diciotto ore, ne avevi bisogno.”
“Diciotto..?” Lui provò a
scendere dal letto, ma fu trattenuto per le spalle da un paio di enormi mani
artigliate. Le mani color terra di una strana creatura dal muso affilato che in
qualche modo sembrava sia rettile che mammifero, con ciuffi di pelo candido
sugli arti e sul collo, e un paio di corna dietro al cranio.
“Oh, lui è Zed, Mi accudisce da quando ero una cucciola.
E tu sei stato un bello stupido, sai?” Prese dall’armadietto un barattolino. Da
esso versò della polvere in un bicchier d’acqua, lo rimescolò con un artiglio e
lo porse al ragazzo. “Fare a botte con Khadar, volevi morire? Su, bevi, è amara
ma ti farà stare meglio molto in fretta. Almeno abbastanza da permetterti di
camminare fino al tuo villaggio.”
Peter bevve. Fece una smorfia:
se ne avesse avuto la forza, avrebbe vomitato quella roba. “Mia madre..?”
“L’intera delegazione se ne è
tornata indietro. Tua madre era un po’ cupa, ma mi sembra eccessivo lasciarti
qui da solo.”
Lui sospirò. “Se pensa che sia
una forma di punizione, ha ragione. Ho davvero esagerato, a ben pensarci. E poi
sono forte abbastanza da pensare a me stesso.”
“Ci credo. Gli hai dato un
pugno di tutto rispetto, prima; e poi, quella mossa alle gambe. Ci ho provato,
una volta, ma era come prendere a calci un albero. Come fai ad essere così
forte?”
“Mio padre è Colosso.”
“Chi?”
“Non lo conosci? Ad ascoltare
mia madre, è un campione fra i campioni, il più valente dei guerrieri. La sua
pelle è puro metallo scintillante, e la sua forza senza pari. Quella di sicuro
l’ho ereditata da lui. Potrei facilmente guidare io la mia gente, ma mia madre e gli anziani mi dicono che mi manca
la maturità per essere il nuovo capo.” Sputò a terra. “Cosa ne sanno, loro? Se non fossi stato un bambino,
quanto
“Cosa?” chiese M’rynda.
“Già, è vero. Siete stranieri.
Ad ogni modo, qualche anno fa un mostro venuto dallo spazio, di nome Terminus ridusse
“Smetti di dire idiozie!”
Il modo in cui ringhiò quella
frase ebbe l’effetto desiderato. Lui chiuse la bocca con un rumore secco di
denti.
M’rynda gli si sedette accanto.
“So chi è Terminus il Dominatore. So come agisce, so su che scala agisce. E solo esseri
incredibilmente eccezionali potrebbero averlo sconfitto. Un po’ di superforza
non basta di sicuro.”
“E tu come lo sai?”
E M’rynda gli raccontò della
sua origine, e di come il suo mondo, Z’lyztaya, fosse riuscito una volta in
quell’impresa apparentemente impossibile. In realtà, non era sorpresa (non più
di tanto) che i metaumani di questo mondo fossero riusciti ad abbattere il
Dominatore. Suo padre le aveva mostrato molti file che parlavano di altre
imprese non meno incredibili, come l’avere sconfitto Galactus in persona, per non parlare del loro successo nel
contenere la minaccia della terribile Fenice
Nera… “E pensavi che abbattere Khadar ti avrebbe fatto diventare il capo
della tua gente?”
“…”
M’rynda ridacchiò.
“Divertente. E come mai hai preso di mira proprio i miei amici?”
“Non ci piacciono gli
stranieri. A nessuno piacciono. E poi
voi volete fare amicizia con quelle stesse specie che si sono dimostrate
nemiche di Ka-Zar. Siete tutti animali come loro, inclusa te!”
M’rynda gli diede la parodia
di un’espressione di tristezza. “Ed io che mi ero così innamorata di te! Come farò adesso?” Poi gli mollò un pugno sulla
spalla, strappandogli un verso di dolore. “Ma piantala e alzati! Ne abbiamo di
strada da fare fino a casa tua.”
“’Abbiamo’..?”
“Mi sono offerta di
accompagnarti fino al tuo villaggio. A differenza di lady C’rel, non ho fatto
molta conoscenza con le altre tribù. E i Regnanti insistono perché non ti
capiti qualcos’altro.”
“Posso cavarmela da solo!”
“Preferisci essere
accompagnato da Khadar, magari?” l’aliena toccò un pulsante sulla sua cintura.
In un attimo, il suo costume rosso fu sostituito da uno completamente nero che
la copriva dalla testa ai piedi. La visiera sul volto era un unico specchio.
Poi, l’intera figura di M’rynda sembrò scomparire, per essere sostituita da una
decisamente umana, anche se il costume che indossava era rimasto. I suoi
capelli erano neri e corti, il volto severo. Anche la voce aveva perso ogni
inflessione rettiliana. “Ecco, meglio?”
Lui annuì. Se l’avesse
incontrata la prima volta in quell’aspetto… “Wow. Cioè, sì.”
M’rynda scosse la testa.
“Maschi. Coraggio, andiamo.” Si diresse verso l’uscita, seguita da Zed.
Nonostante la sua mole, quella creatura possedeva una certa leggerezza di
movimenti. In effetti, fino a quel momento era stato presente come un fantasma.
Peter indicò l’ibrido.
“Lui…viene con noi?”
“Lui viene con me, ti piaccia o no. Allora, ti muovi?
L’ultimo che arriva è un perdente!” aggiunse all’improvviso, e si mise a
correre! Lo stesso Zed rimase sorpreso solo un attimo, per poi scattare a sua
volta.
“Macch—Ehi!” Dimentico di ogni
dolore, Peter partì a tutta forza.
Attraversarono il villaggio
come saette. A quell’ora del mattino, solo le guardie attraversavano le strade.
Si avventurarono altrettanto rapidamente lungo la riva del fiume, da cui la
delegazione era giunta.
“Non te la cavi male,” disse
Peter, raggiungendo e poi affiancando la femmina e il suo ‘angelo custode’. Non
sembrava nemmeno avere il fiatone.
“Discendiamo da predatori
corridori. Quindi, direi che sei tu a non cavartela male, per uno scimmiotto
malconcio. Allora, sai fare di meglio?” e accelerò decisamente.
“Figlia di…” Peter diede fondo
alle sue forze per raggiungerla. “Ho la forza
di mio padre, te l’ho detto.”
E fu a quel punto che lei si
fermò all’improvviso!
Il giovane mutante rimase un
momento perplesso da quella mossa…prima di finire a tutta forza in una pozza di
sabbie mobili!
“Bisogna anche sapere dove
mettere i piedi,” disse M’rynda dal bordo di quella trappola. “Vuoi una mano?”
E ne tese una. Imprecando sommessamente, lui si fece trascinare al sicuro.
“Mi ci hai fatto finire
apposta!” disse Peter sdraiandosi sulla schiena. Era ridotto ad una maschera di
pantano. Ansimava.
M’rynda tornò al suo aspetto
naturale. “Consideralo il giusto compenso per avere insultato me ed i miei
amici, scimmiotto. Ora possiamo proseguire ad un passo più normale, se te la
senti. E prima datti una lavata, fai schifo.”
Era pomeriggio inoltrato,
quando il terzetto raggiunse il territorio del Popolo della Cascata.
“Ma tu parli mai?” chiese
Peter a Zed.
“Sono stato selezionato per
essere il servitore di milady,” rispose la creatura. “Una certa educazione è parte
del nostro corredo genetico. Parlo solo su permesso di milady.”
“Respiri anche per lei?” la domanda era stata posta in tono
scherzoso. Zed non rise.
“Vivo per lei,” fu la laconica
risposta.
“C’è qualcosa che non va,”
disse M’rynda, fermandosi. Fece cenno agli altri di fare lo stesso.
“Cosa..?” Peter si guardò
intorno. “Che succede?”
“Odore di sangue.” La femmina annusò ripetutamente l’aria. “Viene dal tuo
villaggio.”
Il mutante spalancò gli occhi.
“Madre!” gridò, e corse con tutta la
forza che aveva.
“Dannazione! Non fare così,
aspetta!” M’rynda e Zed gli corsero dietro. “Peter, dobbiamo prima stabilire
che stia succedendo, quali forze—“
“Siamo sotto attacco, e sterminerò le forze responsabili di ciò!
Togliti dai piedi se non vuoi aiutarmi!” Era chiaro che a quel punto lui era al
di là di ogni ragione. La sola cosa che lei potesse fare era impedire che la
sua imprudenza—
All’improvviso, una luce
bianca di una potenza mostruosa riempì il loro mondo! I tre non poterono
impedire di rimanere completamente accecati. Caddero a terra, le mani strette
sugli occhi, sentendoseli bruciare.
Zed sentiva istintivamente il
bisogno di accorrere in aiuto della sua padrona, ma i suoi acuti sensi
percepirono un problema più immediato: l’odore e i passi di un umano in rapido avvicinamento. Ed era grosso…
Un’enorme ascia calò rapidamente contro di lui. Preavvertito dallo
spostamento d’aria e dall’odore metallico, Zed si scansò all’ultimo momento.
L’impatto dell’arma fece tremare il suolo.
“Che cosa succede!?” urlò Peter, arrancando per mettersi in piedi. Il mondo
era ancora una serie di macchie nere...
Poi, una manifestazione di
energia in forma di un collare avvolse il suo collo. E ogni suo pensiero fu
annullato, riducendolo ad un burattino obbediente.
“Succede che finalmente ti
abbiamo trovato,” disse la voce di una donna dai capelli lunghi e chiusi in due
code di cavallo. Indossava un costume diviso in due corti pezzi color sangue
come i lunghi stivali. Era dalle sue mani che partiva il ‘guinzaglio’ che terminava
nel collare di Peter. “Io sono Leash
dei Mutati dell’esercito di Lemura. E voi siete nostri prigionieri. O sarete
morti.” Estese un collare psionico verso M’rynda, facendola sua prigioniera. “Gaza,” disse al gigante dagli occhi
bianchi che fronteggiava un furibondo Zed, “smettila di giocare e uccidilo. Lui
non ci serve.”
“Pensavo proprio la stessa
cosa, sai?” disse M’rynda, sorprendendo la mutata. La rettiliana non aveva più
il collare! “Questo costume mi protegge dagli attacchi psichici,” aggiunse…e
scomparve in un cerchio di luce. La successiva frazione di secondo apparve alle
spalle di Leash, e la colpì alla schiena con un solo calcio rotante. “E ha
altri optional interessanti!” La sua vista poteva ancora essere danneggiata, ma
i sensori del costume collegati direttamente al cervello supplivano più che
bene.
Leash urlò e cadde a terra,
mentre perdeva sangue ad una velocità allarmante. Peter, seppure liberato dal
suo influsso, era ancora accecato. Non si accorse se non troppo tardi della
lunga lingua scarlatta che si avvolse
intorno al braccio! Bastò quel solo contatto per fargli perdere i sensi.
M’rynda gli si teletrasportò
accanto. Si chinò su di lui…e fu colpita in pieno da due robusti pugni!
“Prevedibile e sciocca,
saura!” ringhiò il potente umano il cui torso mostrava due paia di braccia: Barbarus. Poi questi afferrò il corpo
inerme di Peter e lo lanciò con forza verso il cielo! Lì, uno pterodattilo lo ghermì fra i propri artigli, per poi
volare via.
Ma tutto questo, non importava
a Zed. Ascoltando il verso di dolore della sua protetta, lanciò un ruggito
agghiacciante e corse verso di lei. Gaza cercò di approfittarne, pensando alla
creatura come ad un esotico sauro nativo…prima di capire quanto si fosse
sbagliato, nel momento in cui un solo colpo dei suoi artigli, così veloce quasi
da non essere percepito, lo sventrò come un maiale!
Zed superò di corsa la figura
del gigante cieco, che rimase dov’era, incredulo, a guardare le sue viscere
penzolanti…prima di cadere in ginocchio e poi a faccia in giù. Morto.
Ma Zed non poté trarre
beneficio da quel vantaggio: la clava di Barbarus lo colpì alla schiena in
piena corsa! Fu scaraventato in avanti dalla propria inerzia e contro un albero
che andò in pezzi per l’impatto.
“Io trovo che questo gioco sia divertente,”
disse Barbarus, estraendo una spada con un’altra mano, mentre altre due
reggevano la clava. Zed non sembrava in grado di tenere neppure la testa sollevata.
Barbarus coprì con un salto la
distanza fra lui e la sua preda… E finì col colpire il suolo là dove un attimo
prima c’era stato l’alieno. “Che..?” sollevò lo sguardo, in tempo per vedere
Zed come fermo a mezz’aria, al culmine del salto che aveva spiccato un attimo
prima.
Poi Zed roteò il corpo e la
coda.
Fu la volta di Barbarus di
restare con un’espressione vagamente sorpresa, mentre una linea scarlatta si
disegnava intorno al collo. Poi, con un potente schizzo di sangue, la testa del
mutato rotolò a terra.
Zed non se ne curò. Prese
M’rynda fra le braccia, delicatamente, e con un salto scomparve fra le fronde.
Poco dopo, sulla macabra scena
emersero due figure: un grottesco umanoide con i tratti di un batrace, Amphibius, seguito da una donna magra
avvolta da un costume e da un mantello e cappuccio bianchi, Whiteout. Si avvicinarono a Leash, che
agonizzava a terra, pallidissima per la perdita di sangue.
Amphibius si accosciò accanto
a Leash. “Hai un’idea del tempo che il capo dovrà perdere per ricostruirti,
razza di incapace?”
“Aiuta…mi…” rantolò lei tendendo
una mano. Un momento dopo, invece, il suo corpo si dissolse in una massa
protoplasmatica di un colore grigiastro. Amphibius diede un’occhiata alle pozze
informi che erano state Barbarus e Gaza. “Sigh* non si trova più un aiuto
decente, di questi tempi. Ma immagino che capiti con una ridotta capacità
intellettiva. Coraggio, Whiteout, rientriamo.” E scomparvero entrambi in un
bagliore di teletrasporto.
Un attimo dopo, Zed atterrò
nella radura. Fu a quel punto che M’rynda si svegliò. “Che…botta… Zed, cosa è
successo a Peter?”
Lui l’aiutò a rimettersi in
piedi, e fece un riassunto della situazione.
“Dannazione. I Regnanti mi
staccheranno la testa per questa mancanza.”
“Non sei colpevole di quanto è
successo, padrona.”
“Lo sono. Avevo più di un modo
per tenere buono quello sciocco selvaggio, invece di lasciare che…”
“Il tuo maschio ha ragione,
sauriana,” disse una voce maschile. Poco dopo, dalla vegetazione emerse un uomo
anziano accompagnato da due guerrieri armati di lance, arco e faretra. “Io sono
Killian, capotribù del Popolo della
Cascata. Quel gruppo stava aspettandovi, sapeva che sareste venuti. Uno dei
loro mutati è una precognitiva.
Dimmi, femmina, sei del popolo Sauride?”
“Sono una loro alleata,
anziano. Sai dove hanno portato Peter?”
“A Lemura, sicuramente. Era
lui che cercavano. Sua madre ha cercato di convincerli che era nascosto nel
villaggio, perché non si fosse scoperto che avrebbe potuto essere da solo.
Hanno fatto scempio del villaggio e di quasi tutti i suoi abitanti, prima che
la loro precognitiva, Wise, dicesse
loro la verità. E sono sicuro che ha ritardato apposta, perché prima venissimo
puniti.”
“Sai perché lo cercavano?”
“Non lo hanno detto, mi
dispiace.”
“Sai dov’è questa Lemura?”
“Sì, però—“
Una luce sinistra brillava
negli occhi di M’rynda quando disse, “Tu lascia fare a me, anziano. Pagheranno
con il sangue le offese che hanno recato tanto a voi quanto al popolo di
Z’lyztaya!”